Carta de Padre Antonio Seganfreddo enviada ao padre Domenico Vicentini então superior geral dos padres scalabrinianos em Piacenza- Itália.
Capoeiras 31 gennaio 1908
Molto Rev.mo P. Superiore Generale,
Ho ricevuto la sua carissima(cartina) del 19 passato dicembre e subito rispondo. Le cavallette continuano l'opera di distruzione, bene inteso in quelle linee dove non vollero distruggerle quando erano piccole. Qui alla Capoeiras spinti i coloni,, essi i negozianti dall’Intendente e dal vecchio prete, il quale per tre intere settimane fu anche lui ad uccidere le cavallette lavorando ed incoraggiando gli altri, dirigendo da mane a sera i lavori fino a quasi completa distruzione, ed i danni sono meschinissimi da non parlarne neppure . Non si sá poi quando avranno le ali che cosa faranno, perché, nelle linee 6 e 7 ovest dei polacchi e nell’ottavo del Novo Bassano degli italiani da Bergamo, i quali non vollero ucciderle a nessun patto, e ve ne sono una quantità immensa e tutto è distrutto e divorato. Non trovando nulla da mangiare dove sono nate, passano saltellando da una linea all'altra e per dove passano, distruggono tutto anche da coloro che erano liberati da quelle che erano nate sulle loro colonie. Reverendissimo Superiore, c'è un affare che fa spavento e si teme un massacro tra i coloni pigri e coloro che hanno lavorato per la distruzione, e questi ultimi soffrono il danno per cagione della poltroneria degli altri. Mancano ancora più di venti giorni prima che le cavallette possano volare ed intanto distruggono intere linee lasciando i poveri coloni nella miseria e disperazione.
La stagione è in buone condizioni. Il mese di gennaio fu oltremodo piovoso; mentre scrivo sono le due dopo mezzogiorno e se voglio scrivere devo accendere il lume; c'è un tempaccio che viene dall’ovest con tuoni e lampi e si prevede un abbondante acquazzone. Noti però che il padre Giorgio è andato al Turvo e per ragion della fiumana non ha potuto ancora ritornare alla sede, e si trova colà fino dal 12 gennaio corrente mese, il Plata (fiume Prata) non dà passo.
Le ragioni principali della mia risoluzione di venire in Italia sono tre. La prima di tutte perché l’incomodo intestinale mi impedisce di andare a cavallo. Seconda: non mi ascoltano più e conoscendomi non vorrebbero darmi niente. Terza: ho troppi conoscenti, paesani e parenti, i quali mi incomodano sempre e poi sempre, recandomi disturbi, noie, affanni e quel che è più, danni e più danni. Tutti i giorni ho sempre visite di poveretti. L’anno passato si è fatto il possibile per alleviare le miserie altrui ed hanno capito che è una buona strada e continuano a venire. Io poi non son capace di dire no a nessuno, e così la faccenda non va tanto bene. Di più, per ragion delle cavallette son venuti più di un centinaio di Bulgari fuggiti dalle loro desolate terre e questi sebbene lavorino, ma il lavoro non basta per tutti. Così le donne ed i piccoli vengono alle porte e non partono se prima non si dà loro da mangiare, Per questo sarebbe poca cosa, se i coloni dessero al curato la giusta mercede; ma non è loro colpa; la colpa è mia perché fino dal principio coll’esempio" del P. Colbachini il quale mi esortò di essere indulgente e compassionevole ed hanno preso quella piega ed usanza e non son più capace di rimediare a quel che si è fatto. E che cosa si poteva fare dal principio; che cosa si poteva esigere da coloro che non ne avevano? Tanti e tanti non venivano a messa ´per essere quasi ignudi? Ed è per questo che ho sempre tenuto sempre la mia casa spoglia anche del necessario, perché mi piaceva dare agli altri. Il compianto mio superiore Monsignor Scalabrini quando mi mandò qui mi disse: quale programma adotterete voi con quei poveri coloni? Risposi: quello che mi comanderà Vostra Eccellenza. Se mi manda affinché metta assieme qualchecosa per aiutare l'Istituto, allora mi adotterò ad un programma pecuniario; mi troncò la parola e mi disse: Charitas Christi urget nos.! e così feci. Gli ultimi venuti mi danno del minchione: avete lavorato per poco e per niente! E questo perché? perché nella loro testa hanno un programma diverso; pecunia, buoni bocconi, comodità urget nos. ed io con tali soggetti desidero non incontrarmi più, né a questo mondo né a quell'altro mondo. Se si vuole si può dare benissimo ed a sufficienza anche all’Istituto senza tanto angariare il povero colono. Al Novo Bassano hanno già cominciato la lotta a cagione del volere e del dare; ne dicono d’ogni colore, a me tali cose dispiacciono, e porto vergogna e rossore.
In quanto alla nostalgia del P. Giorgio, presi un granchio e però era invece angoscia, povero figliolo. Io non poteva saperlo, nulla nulla mi aveva detto. Io vedevo piangere, nominava il padre e la madre, i fratellini e null’altro mi diceva. Io, intanto, mi adoperava di apparecchiare dei buoni manicaretti, e non faccio per dire, erano manipollati da mano maestra, onde fargli passare la malinconia, ma tutto fu invano. Lo misi alle strette e mi feci dire il tutto; e intesi che in sua casa mancava il pane e anche la polenta; e che egli sì trovava si ben trattato dallo spilorchio de Barba Toni; chiacchere tutte uscite dalla bocca del mio eterno tormento. Allora dissi e ci vuole tanto; allora togliamo dalla nostra tavola pane, carne e vino accontentiamoci di un cibo frugalissimo come feci sempre, come feci quando regalava qualche cosa ad altri; e daremo ai vostri qualche cosa che abbiano a passare l’inverno. Fu così stabilito ed ho spedito ai suoi 100$000 mila reis e 7$000 erano suoi, cioè del padre Giorgio, ed il resto l'ho dato io. a quel giorno fu sempre allegro; lavora, e con buona volontà e tutti siamo contenti; ha una tattica speciale e si fa pagare bene senza irritare nessuno e va molto bene. Se facessi io così, mi lapiderebbero, ma egli ha proprio una maniera speciale ed io mi godo immensamente. Anche al Turvo lo pagano bene per ora; per l'avvenire non si sa.
Ho ceduto la mia camera, letto e cavallo, il quale gli fa un ottimo servizio. L’ho provveduto di burrache nuove, stivali di coro di russia(?), e due paia di calzoni, e tutto il necessario per andare in missione, compreso poncho ecc. Per ultimo anche, come la chiamano qui, la lanterna magica. Io fui servile e pagai la servitù, e sono due: ho sempre provveduto il necessario in casa, senza riceverne da lui neppure un reis. Più di settecentomilreis mi costò la venuta del Giorgino. Ho rifatto a nuovo quattro letti, provveduto di biancheria, coperte nuove, stoviglie ecc. con del vino generoso. Comprai e pagai al P. Massimo catechismi, libri ed altre cianfrusaglie, le quali non mi diedero nessun risultato pel valore di duecento e trenta e quattro milreis.
Il padre Carlo ed il P. Medicheschi furono al campo ad al Turvo, mi portarono gli assenti di 270 battesimi da registrare , ma né uno né l'altro non mi diedero neppure un reis. E di tali organi spero di non incontrarne più, ed incontrandone sarebbe proprio un incontro funesto e dannoso pel povero Barba Toni = Il mio eterno tormento mi scrisse, tra le altre cose, anche la seguente: voi venendo in Italia dovreste portare almeno cinque mila lire; ed io dico che, se tardassi a partire, a ha scarso terreno di avere il viaggio. E’ ben vero che lascio al confratello di qui tutto il necessario e ben provvisto di tutto, e potrà facilmente spedire all'Istituto tutti i suoi risparmi. Se dopo fatta la cura non mi avessi a sentire in forza di andare in missione, allora non saprei neppure io che cosa farò. Quello che Le dico è che non mi sento di mangiare il pane del giubilato, e nol farò. In quanto poi nel caso che non potessi partire per le missioni, ai vescovi non domanderei certamente nulla, né curazie, tanto meno parrocchie; ne ho una indigestione di curazie e mi basta così. Se solo la messa mi dovrà bastare e se non bastasse supplirebbe l’elemosina. Trovandomi nei miei passati giorni in necessità, non ho mai avuto vergogna nel domandare ai facoltosi un tozzo di pane; così farei per l’avvenire, se mi troverò nel bisogno.
Ho scritto al padre Massimo di venire alla Capoeiras, non so se verrà. Siamo d’intelligenza col Vicario di Bento Gonçalves Don Angelo Donato di fare la traversata in compagnia. Viene anche lui in Italia, verso la fine di marzo fu stabilita la partenza da qui.
I lavori della nuova chiesa continuano. L'Intendenza mi ha aiutato un po’ e mi promise di aiutarmi ancora. Il delegato mi promise che andando alla posa del nuovo Presidente darà un memoriale, affinché mi abbia a dare un adiutorio. Fui a visitarlo con alcuni amici, restò soddisfatto e fu allora che mi domandò se il governo mi aveva mai dato niente; io dissi di no. Farò una domanda per lei. Si trova ancora a Porto Allegre. Vedremo nel suo ritorno che cosa mi dirà. Ne ho poca fede.
Con questa mia lunga e lunghissima chiacchierata L’avrò stancato. Ma è bene, a mio giudizio, che il Superiore Generale sappia come stanno le faccende di qui. Mi compatirà e mi perdonerà, se avrò detto qualche cosa fuori di luogo. Che vuole, con questo temporalaccio con tuoni e lampi l’acqua viene a catinelle e sembra un finimondo, frana la terra, l’acqua entra dappertutto ed io qui al tavolo non mi muovo e voglio terminare, onde se cessasse di piovere , vorrei mettere la lettera in posta questa sera, per non perdere il turno.
Distintamente la riverisco dichiarandomi della Rev. V. Rev.ma Umile conf. e servo
P. Antonio Seganfreddo
Un saluto distinto al Rev. P. Serraglia, a Brescianini e confratelli.
Memento mei.
Osservazioni
Si tratta di un linguaggio di cui oggi molte parole non si usano più. Per di più lo scritto è piuttosto popolare come di persona che scrive con un linguaggio popolare e piuttosto limitato
Come scrivo é 99% uguale alla lettera manoscritta
Memento Mei - ricordati di me
réis- unità monetaria utilizzata in Brasile fino al 1942.
Turvo- oggi comune di Protásio Alves
Campi di Vacaria e Lagoa Vermelha - Padre Antonio ha visitato anche i campi degli allevatori di bovini, cavalli e pecore, generalmente contadini luso-brasiliani
-alcuni termini usati come "il vecchio prete" -non so a chi si riferisse, non a Mateo Pasqualli perché morì nel 1906... sarebbe lui il vecchio prete? ma ero malato.. quindi non posso dirlo
-il 25 aprile 1908 si recò a Porto Alegre e fu sottoposto a un intervento chirurgico, probabilmente presso la Santa Casa de Misericórdia. Redovino Rizzardo scrive che “nei giorni precedenti l’operazione si dedicò interamente agli immigrati italiani a Porto Alegre, completamente abbandonati.
Redovino Rizzardo scrive anche che nel 1910 lasciò la Parrocchia di Capoeiras nelle mani di Padre Carlos Porrini e nel 1911 tornò in Italia per curarsi. Nel marzo 1912 tornò a Rio Grande do Sul, fu inviato a servire la comunità di Farroupilha ma morì nel dicembre 1912, a Porto Alegre, nella stessa Santa Casa de Misericórdia.
Secondo Alessandro Seganfreddo, in Italia rimase nella stessa casa da cui erano partiti per emigrare, quella del fratello Luigi.
Da ciò deduciamo che non ricevette il denaro per il viaggio nel 1908 e che morì senza aver celebrato il Giubileo della Congregazione.
Dopo la morte di Giovanni Battista Scalabrini, è scritto nel libro Radici di un popolo di Redovino Rizzardo che la Congregazione subì un processo di ristrutturazione, e fu lasciata in uno stato di “profondo affidamento”!per alcun tempo….
Bulgari _ un termine che si usava - del francese bougre, del latino medioevo bulgàrus, selvático, pagano
anche in Brasile che si riferisse ai popoli “ non cristiani,” oggi il termine “ bugres” come si diceva nel passato non si usa più ma si “ popoli originari” Si dice anche che questo termine è dato per via dei “ Bulgari, o sia i abitanti della Bulgaria “ che resistirano a conversione al cristianesimo. Pagani. Sensa dubbio che gli indigeni che si sono presentati in città fuggissero dalle loro terre e chiedessero cibo; probabilmente una minoranza di Kaingang era andata a cercare aiuto, probabilmente stavano morendo di fame. Come sappiamo, ancora oggi donne e bambini vengono a vendere prodotti artigianali e a chiedere vestiti. Sfortunatamente, chiunque possedesse tutta questa terra intorno al 1850, si trovava già nelle riserve (determinate dai governi) e quando arrivarono gli immigrati italiani, questi ebbero pochi o nessun contatto con la popolazione indigena.
borrache -sarebbe borracia, cantil in portoghese- molte parole fuori di usanza
A mio parere, poiché padre Antonio Seganfreddo fu il secondo missionario scalabriniano ad arrivare alla missione di Alfredo Chaves, visse anni di miseria sua, dei coloni, dei suoi parenti, di tutti, e si sentì sminuito proprio perché non era in grado di far pagare le dovute tasse ai poveri coloni. Fu così offeso che ancora oggi non sappiamo dove fu sepolto.
La lettera, poiché affronta molti argomenti, può sembrare un po' confusa, soprattutto perché l'autore era malato e scriveva a lume di candela.
Sono aperte altre osservazioni. Questa lettera è un lamento.
Migliorare la visibilità dei manoscritti : Fernanda do Canto
Fonti di ricerca: Archivio dei Padri Scalabriniani di Roma
Radici di un popolo di Redovino Rizzardo-Vescovo di Dourados-in memoriam
Nova Bassano - dalle origini agli albori del XX secolo - Laurindo Guizzardi - in memoriam
Ricerca di Laurindo Guizzardi - Vescovo emérito de Foz do Iguaçu - in memoriam
Racconti dei parenti Brasile.Italia- Alessandro Seganfreddo